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Erasmus Overseas - studiare all'estero

Tra le varie opportunità di trascorrere un periodo di studio universitario all'estero, l'Overseas è il programma di scambio che riguarda la mobilità studentesca in ambito extra-europeo

Per saperne di più abbiamo intervistato Ginevra Tanto, 22 anni, laureanda in lingue, culture e società dell’Asia e dell’Africa mediterranea, nello specifico studentessa di giapponese all’Università Ca’ Foscari a Venezia. Ginevra è appena tornata da un’esperienza come studentessa in scambio all’estero a Nagasaki, città nel sud del Giappone

1. Cos'è il programma Overseas?
Il programma Overseas comprende tutti gli scambi con università al di fuori dell’Unione Europea. In altre parole, lo studente che partecipa a questo progetto può scegliere di andare in Paesi come: Stati Uniti, Russia, Australia etc. Questa opportunità è offerta da quasi tutte le università italiane nella mia facoltà sono favorite le partenze per tutti gli stati asiatici, in particolare: Cina, Corea, Giappone ed India.

2. Perché hai scelto di partecipare? Perché hai scelto di andare in Giappone?
Ho scelto di partecipare a quest’esperienza principalmente per avere un approccio diretto con la società giapponese e, in particolare, con la realtà che là si vive tutti i giorni. Questo per capire maggiormente la mia predisposizione a rapportarmi con qualcosa di “diverso”. Infatti, questa è stata la mia prima volta in Giappone e anche il mio primo viaggio oltre oceano. Un altro motivo sicuramente era quello di migliorare le mie abilità linguistiche poiché la mia carriera universitaria di triennale è stata particolarmente incentrata sull’apprendimento del giapponese. Inoltre, ho preso quest’opportunità anche come una sfida personale nel provare a vivere lontana da casa per un periodo medio-lungo di tempo.

3. Come hai organizzato la partenza? 
Per partecipare all’esperienza Overseas bisogna in primis iscriversi al bando che l’università di Ca’ Foscari propone ogni anno intorno agli inizi di dicembre. Durante la registrazione viene richiesto di scegliere almeno tre università proposte fra quelle nel curricola Giappone. Dopodiché, attraverso un algoritmo che tiene conto della media ponderata e aritmetica degli esami fino a quel momento registrati, si viene presi nella propria prima, seconda o terza scelta. Nei casi un po’ più complessi si viene presi come riserva, ossia se uno dei vincitori del bando rinuncia la riserva ne prende di diritto il posto. Immediatamente dopo l’annuncio della vincita bisogna attivarsi ed informarsi tramite l’ufficio scambi internazionali di Ca’ Foscari e il sito ufficiale dell’università giapponese su quali documenti si devono compilare e se l’università offre dei dormitori o se bisogna trovare alloggio privatamente. Penso che le questioni burocratiche per il progetto Overseas siano lunghe e in certi momenti complesse (e un po’ stressanti). Ho dovuto innanzitutto redigere tutti i documenti necessari per fare la richiesta di permesso di soggiorno come studente (bisogna anche recarsi di persona a Milano, Roma o Napoli per completare le pratiche). In seguito, insieme al mio medico di famiglia ho compilato un certificato riguardo la mia salute (con tanto di RX al torace). Infine, l’università mi richiedeva di scrivere una lettera motivazionale e una lista di preferenze fra le sistemazioni proposte dalla stessa (nel mio caso a Nagasaki l’università propone quattro diversi dormitori dove alloggiare).
A differenza del programma Erasmus le convenzioni sono più strettamente legate all’università stessa e le borse di studio statali sono molto selettive: sono legate alle possibilità economiche dello studente stesso e all’anno ne vengono assicurate meno di 10 (per stato), inoltre non in tutte le università si può fare richiesta per ricevere la Jasso (quella specifica per la mobilità in Giappone). Ovviamente un rimborso minimo per le spese viene garantito a tutti, ma solamente se si portano a termine determinati obbiettivi durante la mobilità. Nel mio caso, le regole da seguire per riceverlo erano: rimanere nella destinazione scelta per tutto il semestre e conseguire un insieme di esami che poi convertiti in crediti formativi italiani siano almeno 12. 

4. Qual è stata la cosa più difficile da affrontare e cosa ti dà più soddisfazione?
Sicuramente una delle cose più difficili, almeno all’inizio, è stato il rapportarsi con la società giapponese. Forse perché prima di partire i miei professori avevano fatto sì che io mi creassi delle aspettative molto alte. Purtroppo per me l’impatto iniziale è stato abbastanza negativo poiché ricercavo tutto ciò che mi aspettavo invece di accettare che determinate logiche fossero solamente “diverse” e non per forza negative rispetto a quelle a cui ero abituata.  Questa situazione è stata sicuramente accentuata dai problemi burocratici che ho avuto nelle prime due settimane dopo il mio arrivo, che mi hanno fatto diventare ipercritica. Fortunatamente dopo il primo mese ho iniziato a prendere le cose con il giusto peso, fino ad arrivare agli ultimi due mesi a sentirmi a mio agio: ho stretto amicizie ed ero molto soddisfatta dell'università.

La mia soddisfazione più grande è stata quella di essermi posta degli obbiettivi per questa esperienza ed essere riuscita a raggiungerli tutti. Ciò mi ha fatto sentire più forte e anche più indipendente, con le mie forze e affrontando qualche difficoltà durante il percorso ce l’ho fatta senza mai pensare di voler tornare in Italia. Penso inoltre di essere cresciuta molto anche a livello culturale poiché per la prima volta nella mia vita mi sono messa in gioco in una realtà molto diversa rispetto a quella che ho vissuto per tutta la mia vita. Infine mi sento più adulta perchè mi sono rapportata con situazioni che ritenevo da persone “più grandi” e sono riuscita a gestirle al meglio.

5. Com'è andata l'esperienza? La consiglieresti?
Devo ammettere che mi aspettavo un’esperienza più facile. Nonostante ciò, la consiglierei caldamente a tutti coloro che come me stanno studiando lingua e cultura giapponese o che hanno semplicemente un interesse personale per il Giappone. Io, tornando indietro, sarei rimasta per l’intero anno accademico, purtroppo non mi è stato possibile in quanto laureanda. 

6. Qual è il tuo motto?
Credere in sé stessi non è così scontato, quindi bisogna farlo sempre.

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