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Spazi di coworking ai tempi del COVID

Spazi di coworking ai tempi del COVID: presente a prova di futuro?

Ne parliamo con Antonello Vedovato, presidente della fondazione Edulife che ha dato vita a 311Verona, tra sfide e soddisfazioni: “Boom di richieste da parte di nuovi professionisti per fare smart working negli spazi di coworking” racconta.

Il 2020 ha stravolto non solo abitudini e stili di vita ma anche il modo e la possibilità stessa di fruire degli spazi intesi non solo come luogo fisico ma come possibilità di interazione sociale. “Io resto a casa” è la frase protagonista dello scorso anno che ha vincolato la maggior parte delle persone, laddove possibile, nella propria abitazione per motivi di sicurezza. La casa è diventata così il nuovo spazio coworking a livello familiare tra didattica a distanza per i giovani e smart working per gli adulti.

Spazio 311: dalla Cina a Verona il sogno di Edulife di creare contaminazione culturale

In questo scenario fortemente cambiato ci chiediamo: come stanno gli spazi di coworking?
Ci sono territori dove il coworking è divenuta una realtà consolidata, altri in cui è meno conosciuta. Approdiamo a Verona per parlare di un coworking nonché hub molto amato e apprezzato, ossia 311Verona. Tastiamo il polso della situazione insieme ad Antonello Vedovato, presidente della fondazione onlus Edulife che ha reso possibile lo spazio stesso. Edulife è infatti una realtà non profit nata da un progetto che si occupa con passione da tempo di metodologie nel campo della didattica e degli apprendimenti informali.  “Siamo tutti ex insegnanti del mondo salesiano - racconta Vedovato - Abbiamo subito compreso che la tecnologia avrebbe avuto un forte impatto sulla didattica e abbiamo così pensato di sviluppare un processo di ricerca e di azione nell’ambito della didattica a distanza. In questi 30 anni di attività ci siamo così confrontati con numerose realtà, tra cui aziende, università e scuole. Abbiamo viaggiato in America Latina e in Cina, dove siamo presenti da ormai dieci anni. La nostra sfida era quella di creare un contesto esperienziale che fosse di formazione, educazione e anche di apprendimento accelerato ma diverso dai contesti che già conoscevamo”.

In Cina comincia a concretizzarsi l’inizio di questo percorso intenso: “Qui mi sono confrontato con vari embrioni di coworking e in particolare a Beijing con lo spazio di una vecchia fabbrica di armi trasformata in area aperta dove sono presenti studi di architettura, teatri, mostre di arte moderna, oltre a bar e ristoranti. Un luogo che coinvolge non solo professionisti ma anche famiglie e giovani che trovano la grande possibilità di confrontarsi con culture diverse. In quell’occasione ho conosciuto un architetto italiano che aveva uno studio dotato di uno spazio di accoglienza e confronto con i ragazzi. Questa è stata la scintilla che mi ha fatto dire: perché non ricreare questo processo di apprendimento anche a Verona?”.

Nasce così e prende quota 311Verona dotato di sala riunioni, postazioni con computer, una zona cucina, spazi dedicati alla web tv e web radio, aree per confrontarsi e condividere progetti. “Non avevo l’interesse di fare coworking ma proprio il coworking è arrivato come spinta inziale a livello organizzativo – sottolinea il presidente di Edulife - Dopo aver viaggiato in Inghilterra e negli Stati Uniti siamo tornati a Verona decidendo di aprire uno spazio rigenerando una vecchia fabbrica nella produzione dei treni, all’interno dell’antica officina della manutenzione delle carrozze”. Chiari gli obiettivi che hanno fatto da guida al progetto: “Volevamo generare un’alleanza tra culture, generazioni e discipline. Desideravamo che professionisti e imprenditori potessero trovare interessante operare all’interno di una casa comune. Attualmente abbiamo circa 140 professionisti dell’intelligenza artificiale che operano all’interno di questo ecosistema. Al contempo volevamo che i giovani potessero fruire del luogo con la presenza di adulti non in qualità di insegnanti ma di persone che svolgono una professione e che pongono delle sfide”. In pratica le realtà che frequentano lo spazio 311Verona propongono dei progetti e i ragazzi e le ragazze hanno modo di fare esperienza. “I giovani sanno che di queste persone possono fidarsi, abbiamo fatto firmare ad ognuna un protocollo valoriale per prevenire qualsiasi scopo speculativo - sottolinea Vedovato - Si tratta di un patto formativo ed educativo che mira a tirare fuori il meglio del potenziale umano e professionale. Si tratta di un’alleanza alla pari per attivare innovazioni sociali e anche di business”. Lo spazio diventa così un luogo che connette le persone generando valore tangibile. “Il nostro valore tangibile è che nel giro di 4 anni le matrici di competenza sono passate da 10 a 90” afferma.

311Verona: boom di richieste da parte di professionisti

Inutile negare che ci troviamo in un periodo complesso. Qual è stata la sfida più grande, durante la pandemia, nel gestire degli spazi volti all’interazione e quindi prevenire il fatto che il distanziamento fisico non si traducesse in distanziamento sociale?  “La madre di tutte le sfide è stata quella di determinare una piattaforma valoriale di convivenza evitando di essere troppo rigidi nella regolamentazione degli affitti senza però abbandonarsi all’anarchia, a maggior ragione in questo periodo”.

Temevate ci fossero tante defezioni? “Sì, quando è arrivata la pandemia credevo ci sarebbe stato l’abbandono, anche comprensibile, da parte di molte persone: invece nessuno se ne è andato. Tutti hanno mantenuto la presenza e hanno rispettato il pagamento anche se non utilizzavano la postazione durante la prima fase di lockdown. Questa è stata una grandissima dimostrazione di senso di appartenenza al luogo inteso come comunità di riferimento. La relazione è stata traslata a distanza attraverso un confronto su come si stava vivendo questa difficoltà e come mettere insieme le forze. Ad esempio i giovani hanno costruito delle piattaforme che prima usavano per giocare e che adesso vengono utilizzate per lo smart working. Due giorni dopo la decisione da parte del governo di mettere l’Italia in lockdown i ragazzi avevano già donato la piattaforma: questo ha trasmesso molta fiducia. Ovviamente le fatiche esistono anche in questo contesto”.

Non mancano infine risultati sorprendenti: “Paradossalmente abbiamo avuto il boom di richieste da parte di professionisti che prima operavano sull’area milanese e che non vogliono fare smart working a casa ma in uno spazio condiviso e dinamico oltre che stimolante”. Cambiamenti che stanno ridisegnando il territorio: “È stato messo in discussione il senso della megalopoli dove tutto deve stare concentrato in poco spazio. Questo offre la possibilità di ospitare nelle zone più periferiche persone che hanno voglia di far vivere a se stesse e alla propria famiglia una migliore qualità della vita”.

          Sara Bellingeri

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