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La cultura inclusiva previene il bullismo: intervista con Marco Pontis

La cultura inclusiva previene il bullismo: intervista con Marco Pontis

“Educhiamo sin dall’infanzia al rispetto e alla valorizzazione di tutte le possibili diversità per una società che sappia includere” evidenzia il pedagogista e autore del libro dedicato all’argomento “Lorenzo tra le nuvole”.

Una delle forme di violenza e sopraffazione più temute in ambito giovanile è rappresentata dal bullismo. Prevenzione, sensibilizzazione e soprattutto inclusione sono alcuni degli elementi fondamentali per contrastarne l’insorgere di queste dinamiche, compresa quella che viene agita tramite canali telematici e chiamata cyberbullismo.

Affrontiamo il tema focalizzandoci sull’aspetto della prevenzione e confrontandoci con un esperto come Marco Pontis, docente di Pedagogia e Didattica speciale delle disabilità intellettuali e dei disturbi generalizzati dello sviluppo all’università di Bolzano. È inoltre responsabile del Centro CTR Nuove abilità per l’autonomia e l’inclusione – CTR Onlus Cagliari e collabora con il CRS4 – Centro di Ricerca, Sviluppo e Studi Superiori in Sardegna. Per il centro Studi Erickson è autore del corso avanzato «Autismo: interventi psicoeducativi e clinici» e si occupa di formazione online per professionisti scolastici e sanitari. Sul tema del bullismo ha scritto un libro intitolato “Lorenzo tra le nuvole” che immerge direttamente in una storia attraversata da varie sfaccettature emotive a confronto con difficoltà ma anche con importanti traguardi.

Bullismo: la prevenzione parte dall’educazione alla conoscenza e alla diversità

L’educazione alla conoscenza, al rispetto e alla valorizzazione delle diversità individuali rappresentano ingredienti indispensabili per prevenire situazioni di cyberbullismo e bullismo. Questa educazione come può essere autenticamente concretizzata all’interno del contesto scolastico dove potrebbe esserci anche lo scoglio dell’omertà?

Educare alla conoscenza, al rispetto e alla valorizzazione di tutte le possibili diversità (biologiche, psicologiche, sociali, culturali), sin dalla prima infanzia, risulta oggi indispensabile per costruire una società più equa ed inclusiva per tutti - nessuno escluso - partendo proprio dalle bambine e dai bambini. Operativamente, a scuola possiamo iniziare a lavorare sin dalla prima infanzia su queste tematiche proponendo la lettura di storie, fiabe, favole e racconti o la visione di cartoni, film e video ad hoc, realizzando laboratori artistici o teatrali, esperienze di gioco cooperativo che stimolino i bambini a conoscere e apprezzare le caratteristiche peculiari di ogni singola persona e a comprendere non solo che siamo tutti diversi - importante anche la diversità di genere - e unici ma che tutte le "diversità", se valorizzate e integrate, possono diventare una risorsa preziosa per tutto il gruppo”.

Addentriamoci nel contesto scuola…

“Sin dal primo giorno di scuola, il gruppo classe viene presentato e considerato come l'insieme di tanti alunni tutti diversi con punti di forza, difficoltà o talenti spesso molto differenti tra loro: una piccola comunità in cui si impara a collaborare, cooperare, condividere, conoscere le proprie emozioni e quelle degli altri, aiutarsi reciprocamente, valorizzare i talenti di tutti, nel rispetto del funzionamento globale specifico di ciascun membro del gruppo. Far parte e soprattutto "sentirsi parte" di un gruppo inclusivo è un concreto fattore protettivo importantissimo contro bullismo/cyberbullismo, episodi di discriminazione e violenza. I percorsi di educazione alle diversità e all'inclusione dovrebbero coinvolgere non solo gli alunni di ogni ordine e grado scolastico ma anche, il più possibile, i loro genitori, familiari, educatori, insegnanti, medici o terapisti della riabilitazione”. 

Diversità come ricchezza da scoprire e base della cultura inclusiva

Rispetto al tema della diversità, che coinvolge anche quello delle diverse abilità, qual è lo stereotipo più difficile da scardinare nei e nelle giovani che si confrontano con la bellezza ma anche con i timori legati alla diversità stessa?

“Purtroppo ancora oggi in molti contesti "diverso" è molto spesso sinonimo di "sbagliato" o "inferiore". Costruire una cultura inclusiva significa anche prendere atto di ciò e attivare tutte le possibili forze per educare i giovani e i loro educatori a considerare la "diversità" come ricchezza, bellezza e unicità. Bisogna lavorare ancora tanto affinché, sin dalla prima infanzia, le bambine e i bambini possano comprendere che non devono obbligatoriamente conformarsi agli stereotipi di bellezza, sempre più artificiale, veicolati dalla pubblicità o dalla moda, anche se ultimamente noto con piacere una possibile inversione di tendenza. È importante che possano imparare ad amare, ad amarsi, ad accettarsi e a rispettarsi profondamente per ciò che sono attraverso una più ampia conoscenza del proprio corpo, dei propri stati d'animo, sentimenti o emozioni, che possono essere fragili, imperfetti, divergenti e non per questo meno degni di amore e di rispetto”. 

 

La cronaca ci riporta purtroppo non di rado episodi di bullismo nei confronti di adolescenti con disturbo dello spettro autistico. A proposito di condizione autistica, dal tuo prezioso osservatorio rilevi un adeguato livello di consapevolezza da parte dei giovani?

“Sono purtroppo ancora tanti e diffusi i pregiudizi, i luoghi comuni e gli stereotipi legati ai disturbi dello spettro autistico che possiamo e dobbiamo scardinare attraverso l'educazione dei giovani e dei meno giovani. Sempre più alunni però, grazie ai percorsi di educazione alle diversità, alle emozioni, all'affettività e alla pro-socialità realizzati faticosamente da insegnanti ed educatori illuminati, sviluppano competenze cognitivo-emotive, empatia e sensibilità tali da diventare essi stessi dei "fattori di protezione" per molti altri alunni. Come il protagonista del mio ultimo libro "Lorenzo fra le nuvole" che interviene prontamente in difesa di Elias, suo compagno di classe con autismo, quando un ragazzino cerca di fargli del male nel bagno della scuola. 

L’autostima: un bene da tutelare fin da bambini

Focalizzandoci sul libro “Lorenzo tra le nuvole” che hai scritto, ad un certo punto Lorenzo, vittima delle prese in giro dei suoi compagni di classe, dice una frase emblematica che è un pugno nello stomaco: “Avrei voluto scomparire, disintegrarmi… bruciare rapidamente e divenire cenere”. Questo è un passaggio che evidenzia quanto soprattutto in età adolescenziale l’autostima sia un bene da tutelare, proteggere e di cui prendersi cura. Qual è il miglior modo per prendersi cura dell’autostima dei nostri giovani, messa a repentaglio paradossalmente da altri ragazzi che innescano episodi come questi proprio perché magari loro stessi ne hanno poca?

“La sofferenza di Lorenzo, in questo passaggio, è palpabile ed è la sofferenza di molti alunni che abbiamo di fronte ogni giorno, per motivi estremamente diversi l'uno dall'altra. Ricordiamoci che stiamo parlando di bambine e bambini che, spesso, son presenti su Instagram, su Facebook o altri social sin dai primi mesi di vita: le loro foto sono esposte ed esibite come trofei da genitori e familiari che poco o niente son stati educati all'utilizzo corretto delle nuove tecnologie e che riversano su di loro aspettative altissime. Tantissimi chiaramente sono i fattori che influiscono sull'autostima dei nostri giovani. Uno stile educativo autoritario, ad esempio, impone al bambino una serie di regole severe e rigide, non fornisce spiegazioni adeguate ai divieti imposti, usa una serie di punizioni per controllare il comportamento e non offre alternative per imparare modalità di comportamento più adeguato, di autocontrollo e di autoregolazione. Influisce dunque significativamente sull’autostima e produce frustrazione. Anche uno stile permissivo/lassista può provocare frustrazione poiché fornisce regole poco chiare e, quando le fornisce, non le mantiene concretamente risultando spesso incoerente. Uno stile autorevole invece è propositivo, assertivo e aperto al dialogo. Favorisce dunque la comprensione delle regole, l'autocontrollo, l'autonomia, la conoscenza e la comprensione delle proprie emozioni e di quelle altrui, lo sviluppo dell'empatia e la capacità di supporto reciproco. Questo dovrebbe essere il nostro stile educativo di riferimento!”.

Genitori e insegnanti svolgono un ruolo cruciale per sviluppare l’autostima…

“Genitori e insegnanti sono dei mediatori preziosi che devono assumere un atteggiamento accogliente, incoraggiante, facilitante e positivamente stimolante, in grado di favorire concretamente lo sviluppo armonico di ciascun allievo. Gli studi sull’intelligenza emotiva (Goleman, 1996) dimostrano chiaramente che la competenza di “mettersi nei panni dell'altro e sentire ciò che egli sente” riesce ad attivare in modo sorprendente l'empatia, la capacità di cooperazione, la partecipazione attiva, la condivisione e il cambiamento. Oggi sappiamo che i neuroni specchio, insieme ad altre strutture neurofisiologiche del cervello, possono essere “allenati” già dalla primissima infanzia. Attraverso i percorsi di educazione emotiva, il docente può facilitare lo sviluppo delle competenze cognitivo-emotive rendendo gli alunni competenti, efficaci, autonomi e in grado di affrontare le frustrazioni che inevitabilmente dovranno affrontare nel corso della propria vita. Infine, soprattutto quando i bambini sono piccoli, potrà gettare solide basi per l’acquisizione delle abilità di cooperazione, condivisione e supporto reciproco. Favorire un'educazione attenta alle emozioni e capace di sviluppare l’empatia consentirà ai bambini di acquisire strumenti preziosi non solo per gestire le proprie emozioni e favorire l'accettazione di sé stessi e degli altri, ma anche per far fronte ai terribili disagi del nostro millennio come mancanza di empatia, chiusura sociale, solitudine, ansia, pensieri disfunzionali, dipendenza e depressione”.

                                  Sara Bellingeri

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