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Bilancio sociale: cos'è e perchè realizzarlo

 

Quando pensiamo al termine rendicontazione di una organizzazione operante nel sociale e quindi sul territorio, subito la mente corre al rendiconto economico e/ finanziario. Da sempre siamo abituati così: che si tratti del rendiconto dell’associazione del tempo libero a cui apparteniamo, della cooperativa sociale che opera nel nostro quartiere o della scuola frequentata dai figli, il pensiero corre al dato espresso in moneta.

Certo, il dato economico è un indicatore importante, ma nel tempo, è bene tenerlo presente, ha preso forma, con estrema umiltà e in punta di piedi, un’altra forma di rendicontazione: quella sociale, denominata proprio Bilancio o Rendicontazione Sociale.
Il Bilancio sociale, sembra voler aprire una prospettiva diversa, sapere cosa si produce a livello di servizi per il territorio con i mezzi economici e finanziari di cui si dispone. Insomma raccontare che nella nostra organizzazione abbiamo gestito un milione di proventi significa dare una informazione importante ma acquista tutto un altro significato se si può anche comunicare (e questo è il Bilancio Sociale) che con quei soldi abbiamo assistito fasce deboli, erogati servizi di cittadinanza attiva, sostenuto progetti di intervento a favore dei ragazzi, garantito trasposti sanitari e sociali, assicurato percorsi formativi e orientamento al futuro degli studenti. Con queste informazioni “quel milione di proventi” non resta un dato arido ed isolato, acquista un valore diverso, ha un senso, proprio perché genera capitale sociale, valori relazionali.
È importante acquisire questa sensibilità, sia da parte di tutti gli enti che operano nel sociale che da parte dei cittadini che vogliano comprendere di più dove finiscano donazioni liberali, contributi, proventi d convenzioni con enti pubblici, fondi erogati da fondazioni.

Mi permetto di condividere un piccolo fatto personale. Qualche anno fa, al termine di un corso di formazione per enti non profit dedicato proprio al Bilancio Sociale, un partecipante dichiarò che l’idea della Bilancio Sociale era affascinate, ma siccome non obbligatoria per legge, avrebbe abbandonato l’invito a redigerla, limitandosi a comunicare solo ciò che era “dovuto”. Come formatore ammetto di essere rimasto un po' confuso e con un interrogativo: come riuscire a invogliare a narrare, descrivere e contare i dati del proprio impegno sociale sul territorio? Con quali stimoli?
Così nel tempo ho cercato di pensare alle motivazioni che possono spingere a redigere il Bilancio Sociale, In linea di massima potremmo individuare tre motivazioni:
1. L’importanza di narrare l’azione sociale in tempo di crisi. In un periodo storico che fatica a darsi prospettive di futuro e di scarsa coesione sociale, un documento che narri cosa si è realizzato sul territorio a sostegno di reti sociali è un segno importante. Significa che esistono persone, volontarie e/ professioniste, che hanno una idea di futuro, un sogno da realizzare, una passione forte che li spinge ad agire in settori che, di per sé, non sono particolarmente redditizi o con grandi margini economici.
2. La necessità di “fermare il tempo” per chi opera nelle organizzazioni. Contare cosa si è realizzato, descrivere il proprio processi di impegno e sviluppo sociale, consente di fare il punto sul proprio agire, valorizza l’impegno che per anni si esprime dentro un ente associativa e/o cooperativistico.
3. La necessità di raccogliere i dati del proprio servizio orientato al sociale per arrivare a misurare l’impatto sociale sul territorio. Sempre di più il sistema di contributi pubblici e privati a chi opera nel settore sociale sarà ancorato ad una distribuzione collegata anche alla capacità di dimostrare l’impatto che quel servizio svolto ha avuto sul territorio; e il Bilancio Sociale è il punto di partenza per arrivare a questa preziosa misurazione.

Oggi, con la Riforma del Terzo Settore, il Bilancio Sociale è diventato obbligatorio per una buona parte di organizzazioni. Forse il partecipante a quel corso di tanti anni fa se ne farà una ragione e si butterà in questo genere di comunicazione sociale. Da parte mia resto però resto convinto di dover innanzitutto cercare motivazioni che vanno al di là di un obbligo come quelle descritte sopra. 
Ma quali sono i dati più importanti e significativi da comunicare in un Bilancio Sociale? Sicuramente quelli che riescono a fornire un’idea del Capitale Sociale generato da un’organizzazione. Il Capitale Sociale è un valore intangibile, un valore che crea legami sociali. Finché una società dispone di adulti e giovani capaci di fare nascere organizzazioni di volontariato e/o sociali e in grado di generare capitale sociale, siamo convinti che i legami tengono. Laddove una scuola di quartiere funziona bene, un centro giovanile è aperto e creativo, un’associazione di volontariato garantisce inclusione o diffonde cultura, cresce il capitale sociale e là si è più disponibili ad avere fiducia nel futuro, al di là dei soli indicatori economici dell’economia.
I dati che narrano questo impegno sono “numeri molto concreti”: i fondi raccolti, le ore di volontariato assicurate, le attività culturali svolte, il numero delle persone incontrate con eventi culturali, il numero di ragazzi coinvolti in attività ricreative e di orientamento, le fasce deboli della popolazione assistite e curate.  Sono questi i dati essenziali di un Bilancio Sociale per un ente del terzo settore.
Ecco forse il vero significato del Bilancio Sociale: narrare, descrivere e contare la storia di quanti giorno dopo giorno sostengono progetti, sogni e idee per garantire un territorio inclusivo, aperto, sensibile culturalmente e socialmente. È appassionante narrare tutto questo, sono numeri che non si misurano con il saldo bancario o l’avanzo di gestione, ma mettono al centro i beni più preziosi del nostro territorio.
Ha fatto bene una cooperativa sociale che molti anni fa, presentando il suo primo bilancio sociale ha scritto questa frase: "Il Bilancio Sociale è comunicazione e consuntivo dell’agire sociale. Ma prima di tutto, almeno per noi, è narrazione di una storia e di un percorso. Una storia fatta di passione e competenza, di professionalità e volontariato, di sogni, progetti e difficoltà. Un’altra storia fra le tante, ma è la nostra, quella di cui non vogliamo perdere il “filo”, dentro c’è anche un pezzo della nostra vita”.

A cura di Fabio Fornasini di SìSociale

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29 ottobre 2018

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